Traffico degli esseri umani e schiavitù moderna (Milano, 13 novembre 2015)

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VII Conferenza Mondiale della Fondazione Science for Peace

Traffico degli esseri umani e schiavitù moderna

Milano 13 novembre 2015

 

Dott.ssa Flaminia Giovanelli

Sottosegretario

Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

 

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         Desidero innanzi tutto ringraziare vivamente, in modo particolare il Prof. Veronesi, per l'invito a prendere parte alla VII Conferenza mondiale della prestigiosa Fondazione Science for Peace dedicata, quest'anno al tema del traffico degli esseri umani.

         Introduzione

         Parlando a nome del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, un Dicastero della Santa Sede nel cui DNA è iscritta la promozione della giustizia e della pace, questo invito non poteva non giungere molto gradito. Non solo: il prendere la parola dopo tre donne il cui impegno per la difesa dei diritti umani è ben noto a tutti tanto da aver fatto meritare a due di loro il premio Nobel per la Pace[1] sicuramente mi lusinga, ma allo stesso tempo mi fa sentire maggiormente quel senso di responsabilità già suscitato dal fatto che la scelta del tema della conferenza sia stata determinata dalla forte sensibilità di Papa Francesco in questo senso. Tanto fece presente, a suo tempo, agli organizzatori il Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, in qualità di membro del Comitato etico della Fondazione Veronesi.

         Nel mio breve intervento, vorrei mettere in luce, dal punto di vista della Chiesa cattolica, tre aspetti inerenti al fenomeno della tratta degli esseri umani e delle nuove forme di schiavitù. Un primo aspetto consiste nel mettere in evidenza come si tratti di un fenomeno anti-cristiano per eccellenza. Il secondo aspetto riguarda la necessità di un impegno attivo, concreto ed efficace per contrastarlo. Il terzo aspetto, infine, vuole sottolineare come, sempre allo scopo di combatterlo, sia necessaria una mobilitazione comune e trasversale.

 

 

1       Un fenomeno anti-cristiano per eccellenza: tale è questo fenomeno, infatti, per quanto il cristianesimo si sia sviluppato in società fortemente schiaviste. Come è ben noto, fin da tempi immemorabili le diverse società conoscono il fenomeno della schiavitù e ci sono state epoche in cui questo istituto era generalmente accettato e regolato dal diritto[2] . Ciononostante, la prassi ecclesiale cristiana fin dall'inizio non faceva distinzione tra liberi e schiavi perché, figli di un solo Padre, che è Dio, tutti gli uomini e le donne sono fra loro fratelli e sorelle[3].

         Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace dedicato quest'anno al tema delle nuove forme di schiavitù, Papa Francesco dà inizio alla sua argomentazione proprio affermando come nel progetto di Dio non ci sia spazio per lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo e lo fa traendo ispirazione dalla Lettera di San Paolo a Filemone e da altri passaggi della Scrittura[4].

         L'essere, questo fenomeno, fondamentalmente contrario all'essenza del cristianesimo e il fatto che il traffico degli esseri umani rinasce incessantemente in modalità antiche - come ad esempio il lavoro o i matrimoni forzati, lo sfruttamento della prostituzione - e nuove - come il traffico di organi umani o l'arruolamento dei bambini soldato - vedono la Chiesa impegnata nella creazione di quella che si potrebbe definire una "cultura della consapevolezza". Una cultura che si rivela necessario creare per un duplice motivo. Da una parte, infatti, il fenomeno non è avvertito nella sua giusta misura, sembrando, esso, ai più, un anacronismo, una barbarie di altri tempi, mentre, dall'altra, ignorandone l'opinione pubblica l'esistenza o l'entità, le vittime finiscono, spesso, per essere criminalizzate per la violazione delle leggi migratorie e perseguitate, invece che essere fatte oggetto di cura, tanto da far loro perdere la stima di sé.

         E' indubbio che un contributo notevole alla creazione di questa cultura sia venuto da Papa Francesco in prima persona il quale ne ha fatto una priorità del suo pontificato. Lo dimostra il già citato Messaggio della Pace del 2015, un documento annuale - della cui promozione è incaricato il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace - che è solito tracciare, appunto di anno in anno, la linea diplomatica della Santa Sede, e i suoi numerosi interventi su questo tema, non ultimo quello durante la sua visita alle Nazioni Unite nel corso dell'Assemblea generale di quest'anno, il 25 settembre scorso[5]. Le indicazioni del Papa, poi, per i più recenti orientamenti degli studi della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali sono state particolarmente chiare: "Penso che - scriveva il 13 maggio del 2013 - sarebbe bene esaminare la tratta delle persone e la schiavitù moderna. Il traffico degli organi può essere esaminato in connessione con il traffico degli esseri umani" [6] .

         Anche il tono degli interventi di Papa Francesco su questo tema è molto forte. Infatti egli ha più volte dichiarato che l'abominevole fenomeno[7] della tratta degli esseri umani è un crimine contro l'umanità, un delitto di lesa umanità[8].

 

2       La necessità di un impegno attivo, concreto ed efficace per contrastare il fenomeno. Questo impegno attivo va dispiegato essenzialmente in tre direzioni: la prevenzione, la protezione delle vittime e l'azione giudiziaria nei confronti dei responsabili.

         Per la prevenzione è importante individuare le cause remote della schiavitù odierna. A nessuno può sfuggire come, accanto alla causa ontologica - una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come oggetto, e che per il cristianesimo ha origine nel peccato -, altre cause concorrano ad originarla: la povertà, il sottosviluppo, l'esclusione, la mancanza di educazione, la corruzione, i conflitti armati, la criminalità, il terrorismo[9].

         La protezione delle vittime, dal canto suo, comporta il soccorrerle, il mettere in atto meccanismi per la loro riabilitazione sotto il profilo psicologico e formativo e per la loro reintegrazione nella società di destinazione o di origine.

         La Chiesa, nel convincimento che, "la fede senza le opere è morta in se stessa"[10] è, come è risaputo, da sempre presente ed attiva sia nell'opera di prevenzione che comporta un impegno a lungo termine, grazie all'azione educativa e di lotta alla povertà di tutte le specie, che nell'opera di protezione delle vittime.

         Accanto all'impegno storico di congregazioni religiose nate proprio allo scopo di difendere e liberare gli schiavi, come quella dei Trinitari, fondata da Saint Jean de Matha, francese, nel 1198 o dei Mercedari fondata da un altro francese, San Pietro Nolasco nel 1218, anche per fronteggiare le moderne forme di schiavitù molte congregazioni religiose, specialmente femminili, portano avanti da tanti anni "un enorme lavoro silenzioso in favore delle vittime"[11]. In effetti, un'attività estremamente efficace di prevenzione, protezione, assistenza, sensibilizzazione e denuncia è portata avanti in tutti i continenti dalla Rete Internazionale di Vita Consacrata Contro la Tratta di Persone denominata Talitha Kum[12]. E’ forse significativo ricordare che l’espressione aramaica “Talitha Kum” significa “Fanciulla alzati” e fa riferimento all’episodio evangelico in cui Gesù prese per mano e fece alzare la figlia del capo della Sinagoga che tutti credevano morta (Mc 5,35-41). A livello nazionale italiano, del resto, è ben nota l'azione svolta in favore delle vittime della tratta, specie a scopo di prostituzione, dell'associazione Slaves no More che fa capo a Suor Eugenia Bonetti[13]. Inoltre, nel 2015 è stata istituita una Giornata internazionale di preghiera e di riflessione contro la tratta di persone da tenersi l'8 febbraio, giorno in cui la Chiesa cattolica celebra la festa di Santa Giuseppina Bakita, schiava sudanese, liberata e divenuta religiosa canossiana.

         Un altro fronte aperto di recente dalla Santa Sede per la prevenzione e la protezione delle vittime è quello dell'impegno dei giovani. Si è, infatti, appena tenuto in Vaticano, il 7 e l'8 di questo mese, presso la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, il secondo Seminario di giovani che, provenienti da tutto il mondo, hanno riflettuto su quanto può mettere in atto la loro generazione per combattere la prostituzione e il traffico di persone umane[14].

         Per quanto riguarda, infine, la terza direzione in cui agire per una lotta efficace al fenomeno, quella, cioè, dell'azione giudiziaria nei confronti dei responsabili, benché il compito spetti agli Stati,  la Santa Sede negli ultimi anni ha offerto la sua collaborazione, nelle modalità consone alla sua natura, richiamando con numerosi appelli l'attenzione dei Governi e agevolando la loro collaborazione con il  creare occasioni di incontro a diversi livelli, quali ad esempio, quelli fra le forze di polizia di diversi paesi[15].

 

3       Una mobilitazione comune e trasversale. In effetti, e questo è il terzo ed ultimo aspetto sul quale vorrei richiamare l'attenzione, la lotta al fenomeno delle nuove schiavitù esige una mobilitazione comune e trasversale per perseguire i colpevoli e aiutare le vittime. Tutto ciò, nella consapevolezza del difficile compito che spetta ai Governi il cui impegno è duplice, da una parte sul versante del contrasto al traffico e dall'altra su quello del contrasto alla migrazione illegale. Nell'uno e nell'altro caso si rivela di grande importanza il fornire ai migranti informazioni puntuali già nel percorso del loro migrare, cosa, questa, che richiede un enorme sforzo di cooperazione con i Paesi di origine e di transito. Di primaria importanza, quindi, sono i meccanismi da mettere in atto da parte degli Stati, con la collaborazione di agenzie umanitarie e non governative - molte fra queste sono quelle di ispirazione cristiana - che possano evitare alle persone maggiormente vulnerabili di cadere nelle reti criminali.

         A livello internazionale, accanto al lavoro portato avanti negli anni, ad esempio, dall'agenzia dell'ONU per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (l'UNODOC), presso la quale la Santa Sede è osservatore, oppure dall'OSCE, in particolare dal Forum Alliance against Trafficking in Persons, organizzazione della quale la Santa Sede è membro,  c'è da rallegrarsi per la recente approvazione dell'Agenda 2030 con i nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile. In effetti, il punto 7 dell'obiettivo 8 impegna gli Stati a "prendere misure immediate ed efficaci per sradicare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e alla tratta degli esseri umani". Papa Francesco aveva avuto modo, nel discorso ai Membri dell'Assemblea generale dell'ONU che ho menzionato poco fa, proprio qualche giorno prima dell'adozione dell'Agenda di affermare, con la chiarezza e con lo stile diretto che gli sono consueti che: "il mondo chiede con forza a tutti i governanti una volontà effettiva, pratica, costante, fatta di passi concreti e di misure immediate, per preservare e migliorare l’ambiente naturale e vincere quanto prima il fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. È tale l’ordine di grandezza di queste situazioni e il numero di vite innocenti coinvolte - proseguiva -, che dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli"[16].

         La situazione sembra aggravarsi quotidianamente, e il quadro descritto dal Rapporto sulla schiavitù contemporanea presentato dal Relatore Speciale alla 30.ma sessione dell'Human Rights Council, è veramente desolante e mostra un fenomeno di proporzioni tali che, come affermato nell'intervento del Rappresentante Permanente della Santa Sede a Ginevra, necessita, di una mobilitazione di dimensioni comparabili a quelle del fenomeno stesso[17]. Questa mobilitazione deve coinvolgere tanto gli Stati quanto le organizzazioni intergovernative, le imprese e le organizzazioni della società civile.

         Bisogna muoversi - si diceva - in modo sempre più trasversale. Questa trasversalità è particolarmente evidente in tre importanti iniziative di cui si è fatta promotrice la Chiesa. Due di queste vedono un'alleanza fra istituzioni civili e religiose. La prima è quella del cosiddetto "Santa Marta Group", un'alleanza fra capi di polizia e Vescovi di diversi Paesi del mondo per armonizzare le risorse della Chiesa cattolica con quelle delle agenzie di polizia nella lotta al traffico degli esseri umani. Ad una riunione di questo Gruppo, che si riunì per la prima volta presso il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace nel 2012, partecipò anche Papa Francesco che, come è ben noto, alloggia in Vaticano nella Domus Santa Marta. L'ultima riunione si è appena tenuta in Spagna all'Escorial alla fine dello scorso mese di ottobre[18].

         La seconda iniziativa, sollecitata proprio dal Gruppo Santa Marta che aveva evidenziato la necessità di una più forte collaborazione con le autorità locali, consiste nel Workshop svoltosi in Vaticano il 21 luglio di quest'anno al termine del quale cui oltre 50 Sindaci di grandi città hanno firmato una dichiarazione con la quale si impegnano personalmente a sradicare le nuove schiavitù.

         La terza iniziativa, per così dire trasversale, ha carattere interreligioso. Il 2 dicembre del 2014 si sono riuniti, in Vaticano alla Casina Pio IV, insieme al Papa, dodici Leader delle principali religioni mondiali che hanno assunto  "l'impegno comune di fare tutto il possibile, all'interno delle loro comunità di credenti e all'esterno di esse, per ridare la libertà a chi è vittima di schiavitù o di tratta di esseri umani, restituendo loro speranza nel futuro. Oggi - hanno ancora affermato i leader - abbiamo la possibilità, la consapevolezza, la saggezza, i mezzi innovativi e le tecnologie necessarie a raggiungere questo obiettivo umano e morale"[19].

        

         Con questo mio intervento ho presentato una rapida panoramica dell'impegno della Santa Sede e della Chiesa nella lotta alle moderne forme di schiavitù. Resta, comunque, la domanda fondamentale circa la causa profonda di questo ritorno in forze, anche se in forme diverse, di un fenomeno che l'umanità sembrava aver superato. Propongo, per concludere, la diagnosi fatta di Papa Francesco nell'enciclica Laudato si': la causa profonda delle schiavitù moderne va vista nell'antropocentrismo deviato dei nostri tempi. Scrive il Papa: "Un antropocentrismo deviato dà luogo a uno stile di vita deviato... Quando l’essere umano pone sé stesso al centro, finisce per dare priorità assoluta ai suoi interessi contingenti, e tutto il resto diventa relativo....La cultura del relativismo è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o riducendola in schiavitù a causa di un debito. È la stessa logica che porta a sfruttare sessualmente i bambini, o ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi. È anche la logica interna di chi afferma: “lasciamo che le forze invisibili del mercato regolino l’economia, perché i loro effetti sulla società e sulla natura sono danni inevitabili”"[20]. Per Papa Francesco, tutto è connesso, tutto è collegato.

 

 

 

 


 

[1] La Signora Shirin Ebadi, vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 2003 e la Signora Tawakkul Karman, vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2011.

[2]             cfr. Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2015, n. 3.

[3]             cfr. Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2014, n. 3.

[4]             cfr. Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2015, n. 2.

[5]             Papa Francesco nel Discorso all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, New York, 25 settembre 2015, ha affermato "Il mondo chiede con forza a tutti i governanti una volontà effettiva, pratica, costante, fatta di passi concreti e di misure immediate, per preservare e migliorare l’ambiente naturale e vincere quanto prima il fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato"

[6]             Sul sito web della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali sono riprodotte queste parole scritte dal Papa sul retro di una busta: http://www.pass.va/content/scienzesociali/en/events/2014-18/humantrafficking/recommendations_annex.html.

[7]     cfr. Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2015, n. 1.

[8]     cfr. Papa Francesco, Discorso alla Delegazione Internazionale di Diritto Penale, 23 ottobre 2014; cfr. anche Discorso per le credenziali degli Ambasciatori di 17 Paesi, 12 dicembre 2013

[9]     cfr. Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2015, n. 4.

[10]   Gc. 2,14-26.

[11]   Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2015, n. 5.

[12]   cfr. http://www.talithakum.info/index.php?sez=1&lang=2

[13]   cfr. http://www.slavesnomore.it/

[14]   cfr. http://www.pass.va/content/scienzesociali/it/events/2014-18/reallove.html

[15]   cfr. Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2015, n. 5.

[16]   Papa Francesco, Discorso ai Membri dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, 25 settembre 2015.

[17]   cfr. Statement by H. E. Archbishop Silvano Tomasi, Permanent Representative of the Holy See to the United Nations and Other International Organizations in Geneva, 15 settembre 2015.

[18]   cfr. http://www.catholic-ew.org.uk.

[19]   http://www.pass.va/content/scienzesociali/it/events/2014-18/jointdeclaration.html

[20]   Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato si', n. 122 e 123.